Un assaggio dell’amore di Dio tra le avversità

Chen Lu Città di Tonglu, Provincia di Zhejiang

Sono nata in un villaggio negli anni Ottanta. Eravamo una famiglia di contadini da generazioni. Mi buttai a capofitto nello studio per sostenere l’esame di ammissione all’università e sfuggire a quella vita di povertà e arretratezza. Quando iniziai le superiori, mi imbattei nella storia dell’arte occidentale, e solo quando vidi molti bellissimi dipinti come “La genesi”, “Il giardino dell’Eden” e “L’ultima cena” mi resi conto di come nell’universo ci fosse un Dio che aveva creato tutte le cose. Non potei fare a meno di avere un cuore pieno di desiderio per Dio. Dopo essermi laureata, trovai molto facilmente un buon lavoro, e poi un partner fantastico. Finalmente avevo realizzato le mie speranze e quelle dei miei antenati. Mi ero sottratta al destino dei miei avi, che tenevano la faccia rivolta verso terra e la schiena verso il cielo, e nel 2008 la nascita di un bambino aggiunse molta altra gioia alla mia vita. Guardando tutto ciò che avevo nella mia esistenza, credevo che avrei vissuto felice e serena. Tuttavia, mentre mi godevo quella vita invidiabile e bellissima, non riuscivo mai a liberarmi di una vaga sensazione di vuoto nel cuore. Ciò mi faceva sentire molto confusa e impotente.

Nel novembre del 2008, la mia famiglia mi parlò del vangelo degli ultimi giorni di Dio Onnipotente. Attraverso le Sue parole, alla fine capii che Egli è la fonte della vita dell’umanità e che le Sue parole sono la forza motrice e il pilastro della nostra esistenza. Se abbandoniamo il Suo sostentamento e il Suo nutrimento per la nostra vita, la nostra anima sarà vuota e sola e, a prescindere dai piaceri materiali di cui gioiamo, non saremo mai in grado di soddisfare i bisogni della nostra anima. Proprio come disse Dio Onnipotente: “L’uomo, dopo tutto, è uomo. La posizione e la vita di Dio non possono essere rimpiazzate da alcun uomo. L’umanità non ha bisogno solo di una società equa in cui tutti gli uomini siano ben nutriti, godano di pari diritti e libertà, ma ha bisogno anche della salvezza operata da Dio, e che Egli infonda in essa la vita. Solo quando l’uomo ottiene la salvezza di Dio e il Suo dono di vita, i bisogni, la brama di esplorare e il vuoto spirituale dell’uomo troveranno soluzione” (“Dio sovrintende al destino dell’intera umanità” in La Parola appare nella carne). Le Sue parole inondarono la mia anima come una sorgente nel deserto e liberarono il mio cuore dalla confusione. Da allora in poi le lessi con grande fame e sete, e nel mio cuore c’era sempre un’inesprimibile sensazione di quiete; finalmente la mia anima era tornata a casa. Di lì a poco la chiesa diede disposizione che alcuni fratelli e sorelle si incontrassero con me, e loro lo fecero assiduamente, anche quando le condizioni meteorologiche erano decisamente sfavorevoli. In quel periodo c’erano molte cose che non capivo, e i fratelli e le sorelle comunicarono sempre pazientemente con me. Non c’era neppure un briciolo di irritazione o di condiscendenza e, grazie a questo, sentii profondamente la loro sincerità e il loro amore. Quando compresi meglio la verità, cominciai a capire l’urgente desiderio di Dio di salvare l’umanità e vidi che i fratelli e le sorelle si adoperavano con molto zelo e che predicavano il vangelo per Lui. Anch’io volevo compiere il mio dovere, ma mio figlio era piccolo e non avevo nessun altro che potesse badare a lui, perciò mi limitai a pregare che Dio mi indicasse una via d’uscita. In seguito, scoprii che una sorella era a capo di un asilo, così le mandai mio figlio. Mi promise senza esitazione di aiutarmi ad accudirlo e non accettò nemmeno le spese per l’istruzione o per i pasti. Da quel momento in poi non solo mi aiutò a badare a lui durante il giorno, ma certe volte anche di sera. Le sue azioni mi commossero davvero profondamente e capii che tutto ciò veniva dall’amore di Dio. Per ripagare tale amore entrai senza esitazione nelle fila di coloro che predicavano il vangelo. Mentre svolgevo questo compito, vidi ripetutamente in quali condizioni pietose versassero coloro che non erano stati illuminati dallo splendore di Dio. Udivo le lamentele sul triste andamento della loro vita, e vedevo anche le loro facce piene di gioia e di felicità dopo che avevano ottenuto la salvezza di Dio degli ultimi giorni. Ciò stimolò ancora di più la mia passione per l’evangelizzazione, e decisi di portare il vangelo di Dio a un numero ancora maggiore di persone che vivevano nelle tenebre e che erano assetate di luce! Proprio allora, tuttavia, il governo del PCC iniziò a opprimere e a perseguitare severamente i fratelli e le sorelle, e anch’io soffrii per questa catastrofe.

Era la mattina del 21 dicembre 2012. Oltre una decina di fratelli e di sorelle era riunita a casa di un ospite quando ci fu un’esplosione improvvisa di colpi e di urla alla porta: “Aprite! Aprite! Ispezione della casa!”. Proprio mentre una sorella stava aprendo la porta, sei o sette poliziotti armati di manganello fecero irruzione. Ci spinsero via in malo modo e poi cominciarono a frugare nei cassetti. Una giovane sorella si fece avanti e chiese loro: “Ci siamo radunati a casa di un amico e non abbiamo violato la legge. Perché perquisite la casa?”. I poliziotti risposero brutalmente: “Comportati come si deve! Se ti diciamo di restare lì, resta lì e basta. Se non ti chiediamo di parlare, tieni la bocca chiusa!”. Poi la buttarono a terra e urlarono in tono aggressivo: “Se vuoi opporre resistenza, ti picchiamo!”. Le si era spezzata un’unghia e le sanguinava il dito. Vedendo le facce cattive dei poliziotti, provai odio e paura, perciò pregai Dio in silenzio di darmi forza e fiducia, di proteggermi affinché rendessi testimonianza. Quand’ebbi pregato il mio cuore si tranquillizzò notevolmente. I poliziotti confiscarono molti materiali evangelici e raccolte delle parole di Dio, quindi ci fecero salire sulle loro auto.

Non appena arrivammo alla centrale, sequestrarono tutto ciò che avevamo con noi e ci interrogarono chiedendoci nomi, indirizzi e chi fossero i leader ecclesiali. Temevo di coinvolgere la mia famiglia, così non dissi nulla; anche un’altra sorella non parlò, perciò i poliziotti ci scambiarono per capibanda e si apprestarono a metterci alla prova separatamente. In quel momento ero molto spaventata. Avevo sentito che la polizia era particolarmente brutale con chi non era del luogo, e io ero stata classificata come oggetto di interrogatorio. Ciò avrebbe significato sicuramente più ferocia e meno fortuna. Proprio quando ero in uno stato terribile e in preda alla paura, udii pregare la sorella che era molto vicino a me: “O Dio, Tu sei la nostra roccia, il nostro rifugio. Satana è sotto i Tuoi piedi e sono disposta a vivere secondo le Tue parole e a rendere testimonianza per compiacerTi!”. Dopo aver sentito queste frasi, il mio cuore gioì. Pensai: “È vero. Dio è la nostra roccia, Satana è sotto i Suoi piedi, perciò di cosa ho paura? Purché faccia affidamento su Dio e collabori con Lui, Satana può essere sconfitto!”. D’un tratto non ebbi più paura, ma provai anche vergogna. Pensai al fatto che in quella situazione la sorella era riuscita a vivere secondo le parole di Dio e a non perdere la fiducia in Lui, mentre io ero stata paurosa e codarda. Non avevo avuto nemmeno un briciolo del carattere di chi crede in Dio. Grazie al Suo amore e attraverso la preghiera della sorella, che mi aveva motivata e aiutata, non temevo più la forza dispotica della polizia. Ero molto determinata: “Anche se oggi sono stata arrestata, sono decisa a rendere testimonianza per compiacere Dio. Non sarò assolutamente una codarda che Lo pianta in asso!”.

Verso le dieci, due poliziotti mi ammanettarono e mi portarono in una stanza per interrogarmi da sola. Uno di loro mi parlò nel dialetto locale. Non capii e, quando chiesi cosa avesse detto, la domanda li mandò improvvisamente su tutte le furie. Quello accanto a me urlò: “Non hai rispetto per noi!”. Nel pronunciare quelle parole si avvicinò e mi afferrò per i capelli, scuotendomi avanti e indietro. Mi girava la testa ed ero frastornata, ed ebbi la sensazione che mi staccasse lo scalpo e strappasse i capelli. Subito dopo, un altro agente si fece avanti e gridò: “Allora dobbiamo usare le maniere forti? Parla! Chi ti ha chiesto di predicare il vangelo?”. Piena di rabbia, risposi: “Predicare il vangelo è il mio dovere”. Non appena pronunciai quelle parole, il primo poliziotto mi afferrò di nuovo per i capelli e mi schiaffeggiò, colpendomi e urlando: “Ti insegno io a predicare! Ti insegno io a predicare!”. Mi schiaffeggiò finché la mia faccia, rossa come un pomodoro e dolorante, iniziò a gonfiarsi. Quando si stancò di picchiarmi, mi lasciò andare, quindi prese il cellulare e il lettore MP4 che mi avevano trovato addosso e mi chiese informazioni sulla chiesa. Mi affidai alla saggezza per trattare con loro. Improvvisamente, un poliziotto domandò: “Non sei di queste parti. Parli benissimo il mandarino. Non sei sicuramente una persona qualunque. Sii sincera! Perché sei venuta qui? Chi ti manda? Chi è il vostro capo? Come sei entrata in contatto con la chiesa qui? Dove vivi?”. Intuendo che mi credevano una persona importante e che volevano a tutti i costi estorcermi informazioni sulla chiesa, mi sentii il cuore in gola e pregai Dio di darmi fiducia e forza. Grazie alla preghiera, il mio cuore si calmò pian piano e risposi: “Non so niente”. Allora sferrarono pugni furiosi al tavolo e sbraitarono: “Aspetta, vedremo come ti sentirai tra poco!”. Poi presero l’MP4 e premettero Play. Ero molto spaventata. Non sapevo quali mezzi avrebbero usato per affrontarmi, così rivolsi una fervida preghiera a Dio. Non immaginavo che sul lettore ci fosse la registrazione di una condivisione sull’ingresso nella vita: “Pensate che quel tipo di persona possa essere salvato? Non ha alcuna devozione verso Cristo; non è concorde con Lui. Quando incontra delle avversità, si separa da Cristo e va per la propria strada. Volta le spalle a Dio, seguendo così Satana […] Durante il regno del gran dragone rosso, mentre sperimenti l’opera di Dio, se riesci a voltare le spalle al gran dragone rosso e ti schieri dalla parte di Dio, per quanto esso ti perseguiti, ti dia la caccia o ti opprima, sei assolutamente in grado di obbedirGli e di esserGli devoto fino alla fine. Solo chi è così è degno di essere chiamato vincitore, di essere considerato qualcuno che è concorde con Dio” (“Per essere salvati e perfezionati si deve entrare in dieci aspetti della realtà delle parole di Dio” in Sermoni e comunicazioni sull’ingresso nella vita (IV)). Quando sentii le parole “si separa”, provai una fitta di dolore al cuore. Non potei fare a meno di pensare che quando il Signore Gesù operava, coloro che Lo seguivano e che ricevevano la Sua grazia erano numerosi ma, quando fu inchiodato alla croce e i soldati romani arrestarono i cristiani a destra e a manca, molti fuggirono per paura. Ciò procurò un grande dolore a Dio! D’altra parte, però, che differenza c’era tra me e quegli ingrati? Quando ricevevo la grazia e le benedizioni di Dio, ero piena di fiducia nella possibilità di seguirLo, ma quando incontravo avversità che mi imponevano di soffrire e di pagare un prezzo, ero paurosa e spaventata. Questo come poteva confortare il Suo cuore? Dio, pensai, sapeva chiaramente che incarnarSi in Cina, in quel Paese governato da atei, L’avrebbe esposto a notevoli pericoli, ma per salvare noi esseri umani corrotti non aveva esitato a venire in quel luogo di demoni, tollerandone la persecuzione e l’oppressione, e ci aveva guidati personalmente sulla strada della ricerca della verità. Data la Sua disponibilità a sacrificare ogni cosa, a rinunciare a tutto per salvarci, perché io, una destinataria della grazia della Sua salvezza, non ero in grado di pagare un piccolo prezzo per Lui? Mi sentii rimordere la coscienza e detestai l’idea di essere così egoista, così indegna. Sentivo nel profondo che Dio era pieno di speranza e di preoccupazione per me. Percepivo che sapeva bene quanto fossi immatura nella statura e spaventata di fronte al dispotismo di Satana; mi permise di udire tutto ciò facendo ascoltare quella registrazione alla polizia, consentendomi di comprendere la Sua volontà, così che potessi renderGli testimonianza e compiacerLo nell’avversità e nell’oppressione. Per un momento fui così commossa dal Suo amore che le lacrime mi rigarono il volto, e Gli dissi in silenzio: “O Dio! Non voglio essere una persona che si separa da Te e che Ti fa soffrire; voglio restare con Te nella gioia e nel dolore. Per quanto Satana mi torturi, sono decisa a rendere testimonianza e a confortare il Tuo cuore”.

Poi ci fu un colpo improvviso allorché il poliziotto spense il lettore, si precipitò verso di me e disse pieno d’odio: “Esatto, sono il gran dragone rosso, e oggi sono venuto a torturarti!”. Quindi mi ordinarono di alzarmi in piedi e, scalza, mi ammanettarono la mano destra a un anello di ferro al centro di un blocco di cemento. Dovevo restare china perché il blocco era molto piccolo. Non mi permisero di accovacciarmi né di usare la mano sinistra per alleggerire le gambe. Dopo un po’ non riuscivo più a stare in piedi e mi sarei voluta accovacciare, ma loro inveirono contro di me: “Non accucciarti! Se vuoi soffrire meno, sbrigati a confessare!”. Potei soltanto stringere i denti e sopportare. Non so quanto tempo trascorse in quel modo. Avevo i piedi ghiacciati, le gambe doloranti e intorpidite e, quando non mi ressi più in piedi, mi accovacciai. Il poliziotto mi tirò su, portò una tazza d’acqua fredda e me la versò sul collo. Ero così intirizzita che cominciai a tremare. Poi mi tolsero le manette, mi spinsero su una sedia di legno, mi ammanettarono le mani ai lati opposti della sedia, aprirono le finestre e accesero l’aria condizionata. Fui investita da una raffica improvvisa di vento gelido e tremai per il freddo. Non potei fare a meno di sentire una certa debolezza nel cuore ma, durante quelle sofferenze, pregai senza sosta, supplicando Dio di darmi la volontà e la forza di sopportare il dolore, di permettermi di superare la debolezza della carne. In quel momento, un canto delle Sue parole mi guidò da dentro: “Anche se il corpo soffre, non puoi avere i pensieri di Satana. […] La fede è come un ponte di un sol ceppo. Il vigliacco non lo può attraversare. Ma coloro che si sacrificano potranno passare” (“La testimonianza arriva con una vera fede” in Segui l’Agnello e canta dei canti nuovi). Le parole di Dio mi fecero capire che Satana voleva torturare la mia carne per indurmi a tradirLo e che, se avessi dato retta alla carne, sarei caduta vittima del suo inganno. Continuai a ripetere mentalmente queste due frasi, dicendo a me stessa che dovevo guardarmi dall’astuzia di Satana e rifiutare le sue idee. Poi, i poliziotti presero una grossa pentola piena d’acqua fredda e me la versarono tutta sul collo. I miei vestiti erano completamente fradici. In quell’istante mi parve di essere caduta in una ghiacciaia. Vedendo la polizia così spregevole, così malvagia, ero piena di risentimento. Pensai: “Questo branco di demoni farà qualsiasi cosa pur di spingermi a tradire Dio. Non permetterò mai che le loro macchinazioni vadano in porto!”. Vedendomi scossa da terribili tremiti, mi afferrarono per i capelli e mi costrinsero ad alzare la testa e a guardare il cielo fuori della finestra; poi dissero in tono beffardo: “Non hai freddo? Allora fa’ venire il tuo Dio a salvarti!”. Vedendo che non reagivo, mi rovesciarono addosso un’altra grossa pentola d’acqua fredda e alzarono al massimo il condizionatore, quindi lo puntarono nella mia direzione. Fui investita da raffiche d’aria così fredda da bucare le ossa, oltre che di vento gelido. Ero così intirizzita che dovetti mettermi in posizione fetale, praticamente congelata. Ebbi la sensazione che tutto il mio corpo si fosse irrigidito. La mia fiducia iniziò a venire meno a poco a poco, e non potei evitare di fare pensieri assurdi: “È una giornata rigida, ma mi versano addosso l’acqua fredda e accendono l’aria condizionata. Stanno cercando di congelarmi viva? Se muoio qui, i miei parenti non verranno nemmeno a saperlo”. Proprio mentre sprofondavo nell’oscurità, all’improvviso ricordai la sofferenza che Gesù aveva patito quando era inchiodato alla croce per redimere l’umanità. Egli aveva detto: “E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l’anima; temete piuttosto colui che può far perire l’anima e il corpo nella geenna” (Matteo 10:28). Poi pensai alle parole di Dio in questo canto: “[…] per amare Dio, sopporterai ogni avversità, rinuncerai alla tua vita e a tutto il resto” (“Non avrò riposo finché non otterrò Dio” in Segui l’Agnello e canta dei canti nuovi). Queste parole di Dio mi galvanizzarono davvero. Sì! Quel giorno era Lui che faceva di me una persona migliore dandomi la possibilità di renderGli testimonianza. Come potevo preoccuparmi della carne? Ero decisa a esserGli fedele anche se questo avesse significato perdere la vita. D’un tratto provai uno slancio nel cuore e mi sentii molto ispirata. Pregai in silenzio: “O Dio! Mi hai dato questo respiro, preferisco morire che aggrapparmi alla vita e comportarmi da traditrice nei Tuoi confronti!”. Poco alla volta il freddo andò diminuendo, il che mi permise di sentire davvero la Sua vicinanza e il Suo conforto. I poliziotti continuarono a interrogarmi da mezzogiorno fino alle sette di sera circa. Vedendo che mi rifiutavo di aprire bocca mi chiusero nella stanza degli interrogatori, con l’aria fredda sempre puntata addosso.

Dopo cena passarono a metodi più aggressivi. Mi minacciarono crudelmente, dicendo: “Parla! Chi è il capo della vostra chiesa? Se non ce lo dici useremo altri mezzi. Possiamo farti bere succo di peperoncino piccante o acqua saponata, farti mangiare le feci, denudarti, gettarti nel seminterrato e lasciarti morire di freddo! Se non parli oggi, te lo chiederemo ancora domani. Abbiamo tutto il tempo del mondo!”. Quando pronunciarono queste parole, capii davvero che non erano affatto persone, bensì un branco di demoni dalle sembianze umane. Più mi minacciavano in quel modo, più in cuor mio li odiavo, e più ero determinata a non arrendermi. Quando videro che non ero intenzionata a cedere, presero un sacco di tela, lo intrisero d’acqua e me lo misero sulla testa. Me lo calarono sul capo e mi immobilizzarono, quindi lo strinsero. Non riuscivo a muovermi perché avevo le mani ammanettate alla sedia. Di lì a poco fui sul punto di soffocare; sentii che tutto il mio corpo si era irrigidito. Questo, tuttavia, non bastò per placare il loro odio. Presero una pentola d’acqua fredda e me la versarono nel naso minacciandomi, dicendo che se non avessi parlato, mi avrebbero soffocata. Il sacco bagnato non lasciava passare l’aria e, per giunta, mi versavano acqua nel naso. Respirare era molto difficile ed ebbi la sensazione che la morte stesse calando su di me. Pregai in silenzio: “O Dio, questo respiro mi è stato donato da Te, e oggi devo vivere per Te. Per quanto la polizia mi torturi, non Ti tradirò. Se mi chiedi di sacrificare la vita, sono disposta a obbedire ai Tuoi disegni e alle Tue disposizioni senza la minima lamentela”. Continuarono a torturarmi. Proprio quando iniziai a perdere i sensi e fui sul punto di smettere di respirare, allentarono la stretta all’improvviso. Non potei far altro che ringraziare ancora Dio nel mio cuore. Avevo sperimentato chiaramente che Dio è il Signore di tutte le cose, che Egli veglia sempre su di me e mi protegge, e benché fossi caduta nelle mani dei poliziotti, permetteva loro di torturare solo la mia carne, ma non di impadronirsi della mia vita. Dopo di che la mia fiducia aumentò.

L’indomani, verso mezzogiorno, alcuni poliziotti fecero salire me e un’altra sorella su un’auto e ci portarono al centro di detenzione. Uno di loro mi disse in tono intimidatorio: “Non sei di queste parti. Ti rinchiuderemo per sei mesi, poi ti condanneremo a 3-5 anni; comunque non lo saprà nessuno”. “Condannarmi?” Non appena udii che sarei stata condannata, non potei evitare di vacillare. Temevo di essere trattata con disprezzo in prigione. Proprio quando fui assalita dal dolore e dalla debolezza, Dio mi mostrò ancora una volta la Sua grazia. Tutte le altre prigioniere, nella cella in cui mi rinchiusero, erano sorelle che credevano in Dio Onnipotente. Anche se erano in quel covo di demoni, non mostravano la minima paura. Si incoraggiavano e si sostenevano a vicenda e, quando videro che ero pessimista e debole, mi parlarono delle loro esperienze personali e resero testimonianza, dandomi fiducia in Dio. Cantarono anche l’inno dell’esperienza per infondermi coraggio: “Tutto ciò che ho, lo spendo per Dio. Tutto quanto consacro; do me stesso a Lui. La famiglia m’ha abbandonato; il mondo mi ha calunniato. Il sentiero per seguir Dio è arduo, pieno di sassi e spine. Io do tutto per diffonder il Vangelo del Regno di Dio. Ho visto avvicendarsi le stagioni. Io so che qualsiasi cosa accada, sofferenza o gioia, Dio deve solo chiedere e obbedirò. Sulla strada per amare Dio, fronteggio amare prove. Pericolo ed angoscia affronto senza lamentarmi. Anche se la mia carne soffre, Dio è il solo che il mio cuore ama. Io camminerò dovunque, testimone dei Suoi atti. Problemi e sofferenza gravan su di me. Alti e bassi io ho vissuto. Eppure io farò la volontà di Dio, darò tutto di me per Lui, soffrirò una vita intera per Dio” (“Segui Dio lungo il percorso accidentato” in Segui l’Agnello e canta dei canti nuovi). Riflettendo su questo canto, percepii la forza vitale delle sorelle e ritrovai il coraggio. Era così, seguivamo il vero Dio e percorrevamo la retta via in un Paese sotto il dominio di un partito ateo che Lo considerava un nemico. Eravamo destinate a patire molte sofferenze, ma tutto ciò aveva un significato, e persino essere in carcere era una cosa gloriosa, poiché eravamo perseguitate per aver cercato la verità e seguito la strada di Dio. Era una situazione totalmente diversa da quella delle persone dedite ai piaceri della vita che vengono arrestate per aver commesso crimini terribili. Poi pensai a tutti quei santi che, generazione dopo generazione, avevano subito persecuzioni e umiliazioni per aver imboccato la retta via. Ora, però, avevo ricevuto gratuitamente tante parole di Dio; comprendevo verità che intere generazioni di persone non erano riuscite a capire, conoscevo misteri che intere generazioni non avevano conosciuto, dunque perché non ero in grado di sopportare un po’ di sofferenza per rendere testimonianza a Dio? Quando ci riflettei, tornai a divincolarmi dal mio stato di debolezza; il mio cuore era pieno di fiducia e forza, e decisi di fare affidamento su di Lui e di affrontare a testa alta le torture e le richieste di confessione dell’indomani.

Di lì a dieci giorni la polizia mi mandò al centro di detenzione da sola. Notai che tutti gli altri detenuti erano lì per frode, furto e affari illegali. Non appena varcai la soglia mi dissero: “Chiunque entri qui generalmente non esce. Siamo tutti in attesa di verdetto, e alcuni di noi aspettano da mesi”. Guardandoli, mi sentii così nervosa che il mio cuore fu sul punto di scoppiare. Temevo di essere maltrattata e poi, quando pensai che la polizia mi avrebbe tenuta rinchiusa con loro, conclusi che molto probabilmente mi avrebbero condannata come una criminale. Avevo sentito dire che alcuni fratelli e sorelle erano rimasti in carcere anche per otto anni. Non sapevo a quanto mi avrebbero condannata, e avevo soltanto 29 anni! Non potevo assolutamente passare la gioventù in quella cella buia! Come avrei trascorso le giornate da quel momento in poi? In quell’istante sembrava che il mio villaggio, i miei genitori, mio marito e mio figlio fossero lontanissimi. Era come avere un coltello conficcato nel cuore, e mi salirono le lacrime agli occhi. Capii di essere caduta nell’inganno di Satana; così mi rivolsi fervidamente a Dio, sperando che mi indicasse una via d’uscita da quella sofferenza. Mentre pregavo, sentii un chiaro messaggio dentro di me: “Quando affronti tutto ciò, hai il permesso di Dio. Fa’ come Giobbe quando fu messo alla prova, non lamentarti”. Ancora una volta, le Sue parole mi diedero subito l’illuminazione: “Preferiresti sottometterti a ogni Mia disposizione (sia essa la morte o la distruzione) o fuggiresti a metà strada per evitare il Mio castigo?” (“Che cosa sai della fede?” in La Parola appare nella carne). Il giudizio e il castigo delle parole di Dio mi fecero vergognare. Capii che non ero nemmeno lontanamente sincera verso di Lui, bensì mi limitavo a dire di voler essere una buona testimone per Lui. Tuttavia, quando rischiai davvero di finire in prigione, desiderai soltanto fuggire. Non c’era alcuna capacità pratica di soffrire per la verità. Ripensando al momento in cui mi arrestarono, Dio fu sempre al mio fianco. Non mi abbandonò nemmeno per un attimo, per paura che smarrissi la strada o che inciampassi lungo il tragitto. Il Suo amore per me era assolutamente sincero e per nulla vuoto. Però ero egoista ed egocentrica, e pensai tutto il tempo ai miei guadagni e alle mie perdite carnali. Non ero disposta a pagare alcun prezzo per Dio. Come potevo avere un po’ di umanità? Come potevo avere un po’ di coscienza? Non ero soltanto un animale a sangue freddo senza cuore né anima? Al pensare tali cose, mi sentii piena di rimpianto e molto in obbligo. Pregai in silenzio e mi pentii: “O Dio! Mi sono sbagliata. Non posso più darTi una devozione finta e ingannarTi. Sono disposta a sopportare la realtà per compiacerTi. A prescindere da quale sarà la mia condanna, Ti renderò sicuramente testimonianza. Ti chiedo solo di proteggere il mio cuore”. In quell’istante il capo dei prigionieri entrò e mi disse: “Non so perché tu sia qui, ma noi abbiamo un detto: ‘Confessa per ottenere una tregua e resterai dentro fino alla fine; resisti ostinatamente e potrai andare a vivere la tua vita’. Se non vuoi parlare, non parlare”. Ringraziai Dio per questo incredibile suggerimento e per la saggezza trasmessami dal capo dei prigionieri. Ringraziai anche che gli altri detenuti non solo non mi infastidissero, ma addirittura si prendessero cura di me regalandomi vestiti, dandomi del cibo extra ai pasti e condividendo con me frutta e spuntini che avevano comprato, e che mi aiutassero anche con il lavoro quotidiano. Sapevo che tutto ciò era il disegno e la disposizione di Dio, la Sua compassione per la mia natura infantile. Dinanzi al Suo amore e alla Sua protezione presi una decisione: “Indipendentemente dalla durata della condanna, renderò testimonianza a Dio!”.

Al centro di detenzione i poliziotti mi interrogavano a intervalli di qualche giorno. Quando si resero conto che con me la linea dura non funzionava, passarono alle maniere dolci. Assunsero volutamente un atteggiamento benevolo e chiacchierarono con me, mi diedero del cibo e dissero che potevano aiutarmi a trovare lavoro. Sapevo che era un inganno di Satana, così ogni volta che mi interrogavano mi limitavo a pregare Dio, chiedendoGli di proteggermi e di impedirmi di cadere vittima di queste astuzie. Una volta, il poliziotto che mi stava interrogando rivelò finalmente quali fossero le loro sinistre intenzioni: “Non ce l’abbiamo con te, vogliamo reprimere più severamente la Chiesa di Dio Onnipotente. Vorremmo averti dalla nostra”. Quando udii queste parole malvagie, provai una profonda rabbia. Pensai: “Dio ha creato l’uomo, e finora ha continuato a provvedere a noi e a guidarci per tutto il cammino. Ora è venuto a salvare coloro che ha creato e ad aiutarci a fuggire dall’abisso della sofferenza. Che cosa diavolo c’è di male in questo? Perché questi demoni odiano e disprezzano a tal punto questo fatto? Siamo creature di Dio, seguirLo e adorarLo è giusto e opportuno; e allora perché Satana ci mette i bastoni tra le ruote in questo modo, togliendoci addirittura questa libertà? Ora cercano di convincermi a lasciarmi usare per cercare di abbattere Dio. Il governo del PCC è davvero un branco di demoni deciso a mettersi contro Dio. Sono dei reazionari malvagi!”. Allora provai un dolore indescrivibile e il mio unico desiderio fu quello di rendere testimonianza a Dio e confortare il Suo cuore. Quando i poliziotti videro che ancora mi rifiutavo di parlare, cominciarono a usare i metodi psicologici. Trovarono mio marito attraverso China Mobile e lo chiamarono a persuadermi insieme a mio figlio. All’inizio mio marito aveva approvato la mia fede in Dio, ma dopo essere stato ingannato dalla polizia cominciò a ripetermi: “Ti supplico di rinunciare alla tua fede. Pensa almeno a nostro figlio, se non a me. Avere una madre in prigione avrà un terribile effetto su di lui…”. Sapevo che parlava così per ignoranza, perciò lo interruppi dicendo: “Non mi capisci ancora? Abbiamo vissuto insieme per molti anni, e quando mai mi hai vista fare una cosa così malvagia? Quando non capisci una cosa, non parlare a vanvera”. Quando si rese conto che le sue parole non mi avrebbero fatto cambiare idea, pronunciò questa frase crudele: “Sei molto ostinata e ti rifiuti di ascoltare. Quand’è così, io chiederò il divorzio!”. Questa parola, “divorzio,” mi trafisse profondamente il cuore. Mi fece odiare ancora di più il governo del PCC. Erano state le sue calunnie e la sua volontà di seminare discordia a indurre mio marito a odiare l’opera di Dio in quel modo e a dirmi parole così insensibili. È Il governo del PCC che istiga le persone comuni a offendere il cielo! Era lui ad avere incrinato i nostri sentimenti coniugali! A quel pensiero preferii non dirgli più niente. Con calma, replicai soltanto: “Allora sbrigati a riportare a casa nostro figlio”. Quando i poliziotti costatarono che quella tattica non aveva funzionato, si arrabbiarono molto e cominciarono a camminare su e giù davanti alla scrivania e a inveire contro di me, dicendo: “Ce l’abbiamo messa tutta e non abbiamo ottenuto una sola risposta da te! Se continui a rifiutarti di parlare, ti considereremo il capo di questa regione e sarai una prigioniera politica! Se non parli oggi, non ci saranno altre occasioni!”. Ma per quanto sbraitassero, mi limitai a pregare Dio nel mio cuore, chiedendoGli di rafforzare la mia fede.

Durante l’interrogatorio ci fu un inno della parola di Dio che continuò a guidarmi dentro: “Grande fede, grande amore vi son richiesti in questa fase dell’opera. Potreste inciampare se siete distratti, […] Gli uomini devon sopportare centinaia di affinamenti, e avere più fede di Giobbe. Devono soffrire grandi pene senza allontanarsi da Dio. […] Quando gli uomini obbediranno fino alla morte con grande fede, allora questa fase dell’opera di Dio sarà completa” (“Ciò che Dio rende perfetto è la fede” in Segui l’Agnello e canta dei canti nuovi). Grazie alla fede e alla forza che ricevetti dalle parole di Dio, durante l’interrogatorio mantenni il comportamento di una persona molto convinta. Quando tornai in cella, però, non potei evitare di essere un po’ debole e ferita. Pareva che mio marito volesse davvero chiedere il divorzio e che non avrei più avuto una casa. Non sapevo nemmeno per quanto tempo sarei dovuta restare in prigione. In tutto quel dolore pensai a queste parole di Dio: “Dovresti provare lo stesso stato d’animo di Pietro a quel tempo: sconvolto dal dolore; non più desideroso di un futuro né di alcuna benedizione. Non ambiva profitto, felicità, fama o fortuna nel mondo, e cercò solo di vivere una vita piena di significato, che doveva ripagare l’amore di Dio e offrirGli quanto di più prezioso egli possedesse. Solo allora sarebbe stato soddisfatto in cuor suo” (“Come Pietro arrivò a conoscere Gesù” in La Parola appare nella carne). Ero profondamente commossa dalle azioni di Pietro e ciò accrebbe la mia volontà di rinunciare a ogni cosa per compiacere Dio. Era vero. Quando Pietro raggiunse il culmine del dolore, fu ancora capace di resistere e compiacere Dio. Non lo fece in considerazione delle sue prospettive o del suo destino, né per il suo interesse, e alla fine, quando fu inchiodato a testa in giù su una croce, si comportò da buon testimone di Dio. Io, invece, avevo avuto la fortuna di seguire Dio incarnato, di godere del Suo dettato infinito per la mia vita e della Sua grazia e delle Sue benedizioni, ma non avevo mai pagato alcun prezzo reale per Lui. E poi, quando aveva bisogno di me perché Gli rendessi testimonianza, non riuscivo a soddisfarLo nemmeno una volta? Se avessi perso quell’opportunità, non l’avrei rimpianto per tutta la vita? Quando ci riflettei, presi la mia decisione dinanzi a Lui: “O Dio, sono disposta a seguire l’esempio di Pietro. A prescindere da quale sarà l’esito, anche se dovrò divorziare o scontare una pena in carcere, non Ti tradirò!”. Dopo aver pregato, mi sentii pervadere da un’ondata di forza. Non avrei più pensato all’eventualità di una condanna o di una lunga pena, e non mi sarei neppure chiesta se sarei riuscita a tornare a casa e a riunirmi con la mia famiglia. Avrei pensato soltanto che un altro giorno nel covo dei demoni sarebbe stato un altro giorno per rendere testimonianza a Dio e che, anche se avessi scontato la pena fino alla fine, non avrei ceduto a Satana. Quando rinunciai a me stessa, ebbi davvero un assaggio dell’amore e dell’affetto di Dio. Qualche giorno dopo, un pomeriggio, una guardia mi disse all’improvviso: “Prendi la tua roba, puoi andare a casa”. Semplicemente non osai credere alle mie orecchie! Prima di rilasciarmi, la polizia mi fece firmare un documento. Vidi queste parole scritte molto chiaramente: “Non colpevole per mancanza di prove. Rilascio”. Vedendolo, fui al settimo cielo. Vidi ancora una volta l’onnipotenza e la fedeltà di Dio, capii che “[…] coloro che sono pronti a sacrificare se stessi possono attraversarlo senza problemi”. Quella battaglia della guerra spirituale era stata persa da Satana, e alla fine Dio fu glorificato!

Dopo aver subito 36 giorni di detenzione e di persecuzione da parte della polizia cinese, compresi davvero la tirannia crudele e l’essenza ribelle e reazionaria del governo del PCC. Da allora in poi nutrii un profondo odio nei suoi confronti. So che durante quelle avversità Dio fu sempre con me, illuminandomi, guidandomi e permettendomi di sconfiggere la crudeltà e le tentazioni di Satana a ogni passo del cammino. Ciò mi consentì di costatare che le parole di Dio sono veramente la vita dell’umanità e la sua forza. Riconobbi anche che Dio è il nostro Signore, che domina ogni cosa e che, nonostante i suoi trucchi, Satana verrà sempre sconfitto da Dio. Aveva tentato di torturare la mia carne per costringermi a tradire e abbandonare Dio, ma il suo supplizio crudele non solo non mi aveva spezzato, ma aveva addirittura rafforzato la mia decisione e mi permise di vedere il suo volto malvagio e di riconoscere l’amore e la salvezza di Dio. Rendo grazie a Dio dal profondo del mio cuore per ogni cosa che ha disposto per me, consentendomi di ricevere le ricchezze più preziose della vita! Questo è il mio proposito personale: qualunque oppressione o avversità mi aspetti, sono disposta a seguire risolutamente Dio e a continuare a diffondere come prima il vangelo per ripagare il Suo grande amore!

Un assaggio dell’amore di Dio tra le avversitàultima modifica: 2018-07-27T17:27:02+02:00da cartina888
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