Il Vangelo di oggi “L’opera di Dio, l’indole di Dio, e Dio Stesso III” Parte 3

Ora daremo un’occhiata a una parabola raccontata dal Signore Gesù nell’Età della Grazia.

3. La parabola della pecorella smarrita

Matteo 18:12-14 Che vi par egli? Se un uomo ha cento pecore e una di queste si smarrisce, non lascerà egli le novantanove sui monti per andare in cerca della smarrita? E se gli riesce di ritrovarla, in verità vi dico ch’ei si rallegra più di questa che delle novantanove che non si erano smarrite. Così è voler del Padre vostro che è nei cieli, che neppure un di questi piccoli perisca.

Questa è una metafora. Che tipo di sensazioni provano le persone leggendo questo passo? Questa metafora viene espressa utilizzando una figura retorica del linguaggio umano, cioè qualcosa che rientra nell’ambito delle conoscenze umane. Se Dio avesse detto qualcosa di analogo nell’Età della Legge, le persone l’avrebbero giudicato incompatibile con ciò che Egli era, ma quando il Figlio dell’uomo pronunciò questo passo nell’Età della Grazia, esso suonò confortante, cordiale e intimo. Quando Dio Si fece carne, quando Si manifestò in forma di uomo, usò una metafora molto appropriata per esprimere la voce del Suo cuore nell’umanità. Questa voce rappresentava la voce di Dio e l’opera che Egli voleva svolgere in quell’età, oltre a un atteggiamento che Dio aveva verso gli uomini nell’Età della Grazia. Dalla prospettiva di questo atteggiamento, Egli paragonava ogni persona a una pecora. Se una di loro si smarrisce, Dio farà qualunque cosa per ritrovarla. Ciò illustra un principio dell’opera che Dio compie tra gli uomini, questa volta nella carne. Egli usò questa parabola per descrivere la Sua determinazione e il Suo atteggiamento durante quell’opera. Questo era il vantaggio dell’incarnazione di Dio: Egli poté sfruttare le conoscenze degli uomini e usare il loro linguaggio per parlare con loro, per esprimere la Sua volontà. Spiegava o “traduceva” il Suo profondo linguaggio divino per le persone, che si sforzavano di comprendere con il linguaggio umano, in modo umano. Ciò le aiutò a comprendere la Sua volontà e a capire cosa volesse fare. Egli poteva anche conversare con loro dalla prospettiva umana, adoperando il linguaggio umano e comunicando con le persone in maniera comprensibile. Poteva persino parlare e operare usando il linguaggio e le conoscenze umani, cosicché gli uomini potessero percepire la Sua gentilezza e vicinanza, e vedere il Suo cuore. Che cosa deducete da tutto questo? Che non ci sono proibizioni nelle parole e nelle azioni di Dio? Per come la vedono le persone, Dio non poteva affatto usare le conoscenze, il linguaggio o i modi di parlare umani per discutere di ciò che Egli Stesso voleva dire, dell’opera che voleva svolgere, o per esprimere la Sua volontà; questo è un ragionamento errato. Dio usò questo tipo di metafora cosicché le persone potessero percepire la Sua realtà e sincerità, e vedere il Suo atteggiamento verso gli uomini in quel periodo. Questa parabola svegliò da un sogno le persone che avevano vissuto a lungo sotto la legge e, generazione dopo generazione, ispirò anche coloro che vissero nell’Età della Grazia. Leggendo il passo di questa parabola, le persone intuiscono la sincerità di Dio nella Sua opera di salvezza dell’uomo e capiscono il peso dell’umanità nel Suo cuore.

Diamo un’altra occhiata all’ultima frase di questo passo: “Così è voler del Padre vostro che è nei cieli, che neppure un di questi piccoli perisca”. Queste furono le parole del Signore Gesù o di Suo Padre nei cieli? Apparentemente, sembra che a parlare sia il Signore Gesù, ma la Sua volontà rappresenta quella di Dio Stesso, ragione per cui Egli disse: “Così è voler del Padre vostro che è nei cieli, che neppure un di questi piccoli perisca”. A quel tempo, gli uomini riconoscevano come Dio soltanto il Padre nei cieli, e ritenevano che la persona davanti ai loro occhi fosse semplicemente stata mandata da Lui e che non potesse rappresentarLo. È per questo motivo che il Signore Gesù dovette pronunciare anche quelle parole, cosicché essi potessero percepire davvero la volontà di Dio per l’umanità, e sentire l’autenticità e l’accuratezza di ciò che Egli diceva. Pur essendo una cosa semplice da dire, fu molto premurosa e rivelò l’umiltà e il riserbo del Signore Gesù. A prescindere che Dio Si facesse carne o operasse nella dimensione spirituale, meglio di chiunque altro conosceva il cuore umano e comprendeva di cosa le persone avessero bisogno, per cosa si preoccupassero e cosa le confondesse, così aggiunse questo versetto. Esso evidenziò un problema nascosto nell’umanità: le persone erano scettiche su ciò che diceva il Figlio dell’uomo, cioè, quando il Signore Gesù parlò, dovette aggiungere: “Così è voler del Padre vostro che è nei cieli, che neppure un di questi piccoli perisca”. Soltanto con questo presupposto le Sue parole avrebbero potuto dare dei frutti, per indurre l’uomo a credere nella loro accuratezza e per aumentare la loro credibilità. Ciò dimostra che quando Dio divenne un normale Figlio dell’uomo, Lui e l’umanità ebbero un rapporto molto impacciato e che la situazione del Figlio dell’uomo era molto imbarazzante. Dimostra anche quanto fosse insignificante la condizione del Signore Gesù tra gli uomini di quel tempo. Quando Egli pronunciò queste parole, in realtà lo fece per dire alle persone: “Potete starne certe. Ciò non rappresenta quello che alberga nel Mio cuore, bensì è la volontà del Dio che Si trova nel vostro”. Per gli uomini non era una cosa ironica? Anche se il Dio che operava nella carne aveva molti vantaggi di cui non godeva nella Sua persona, dovette resistere ai loro dubbi e al loro rifiuto, nonché al loro torpore e alla loro insensibilità. Si potrebbe dire che il processo dell’opera del Figlio dell’uomo consistette nello sperimentare il rifiuto dell’umanità e la sua inclinazione a competere con Lui. Soprattutto, consistette nel processo di operare per guadagnarSi costantemente la fiducia dell’umanità e conquistare gli uomini attraverso ciò che Egli ha ed è, attraverso la Sua essenza. Non fu tanto il Dio incarnato a ingaggiare una guerra sul campo contro Satana; piuttosto, Dio diventò un uomo comune e iniziò una battaglia contro coloro che Lo seguivano, e durante questa battaglia il Figlio dell’uomo portò a termine la Sua opera con la Sua umiltà, con ciò che Egli ha ed è, con il Suo amore e con la Sua saggezza. Guadagnò le persone che voleva, acquisì l’identità e la condizione che meritava e tornò sul Suo trono.

Ora diamo un’occhiata ai seguenti due passi delle Scritture.

4. Perdona fino a settanta volte sette

Matteo 18:21-22 Allora Pietro, accostatosi, gli disse: Signore, quante volte, peccando il mio fratello contro di me, gli perdonerò io? fino a sette volte? E Gesù a lui: lo non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

5. L’amore del Signore

Matteo 22:37-39 E Gesù gli disse: Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile ad esso, è: Ama il tuo prossimo come te stesso.

Di questi due passi, uno parla del perdono e l’altro dell’amore. Questi due argomenti sottolineano perfettamente l’opera che il Signore Gesù voleva svolgere nell’Età della Grazia.

Quando Dio Si fece carne, portò con Sé una fase della Sua opera, portò con Sé l’opera specifica e l’indole che voleva esprimere in quest’età. In quel periodo, tutto ciò che il Figlio dell’uomo fece ruotò intorno all’opera che Dio voleva compiere in quest’epoca. Non avrebbe fatto niente di più e niente di meno. Ogni singola cosa che disse e ogni tipo di opera che svolse erano tutte legate a quest’età. A prescindere che lo esprimesse in modo umano attraverso il linguaggio umano o attraverso il linguaggio divino – a prescindere dal modo o dalla prospettiva –, il Suo obiettivo era aiutare le persone a capire cosa volesse fare, quale fosse la Sua volontà e quali fossero le Sue prescrizioni per l’uomo. Poteva usare vari mezzi da diverse prospettive per aiutare le persone a comprendere e a conoscere la Sua volontà, a capire la Sua opera di salvezza dell’umanità. Così, nell’Età della Grazia vediamo il Signore Gesù usare spesso il linguaggio umano per esprimere ciò che voleva comunicare agli uomini. Ancora di più, Lo vediamo dalla prospettiva di una comune guida che parla con le persone, provvedendo alle loro necessità, aiutandole con ciò che avevano richiesto. Questo modo di operare non si era visto nell’Età della Legge, che aveva preceduto quella della Grazia. Egli divenne più intimo e più compassionevole con l’umanità, e più capace di conseguire risultati pratici sia nella forma sia nel modo. L’espressione “perdonare le persone fino a settanta volte sette” chiarisce perfettamente questo punto. Lo scopo del numero in quest’espressione è consentire alle persone di comprendere l’intenzione del Signore Gesù nel momento in cui disse queste parole. Essa era che le persone perdonassero gli altri, non una volta o due, e nemmeno sette, bensì settanta volte sette. Che tipo di idea è questo “settanta volte sette”? Serve a far sì che le persone considerino il perdono una responsabilità, qualcosa che devono imparare e una strada che devono seguire. Anche se era solo un’espressione, funse da punto cruciale. Aiutò gli uomini a capire a fondo le Sue intenzioni e a scoprire i modi adeguati della pratica, i suoi principi e modelli. Li aiutò a comprendere chiaramente e insegnò loro un concetto ben preciso, secondo cui dovevano imparare a perdonare senza condizioni e senza limitazioni, bensì con un atteggiamento di tolleranza e comprensione verso gli altri. Quando il Signore Gesù pronunciò queste parole, che cosa albergava nel Suo cuore? Stava davvero pensando a settanta volte sette? No. Esiste un numero preciso di volte in cui Dio perdonerà l’uomo? Ci sono molte persone che sono interessatissime al “numero di volte” menzionato, che vogliono davvero capirne l’origine e il significato. Vogliono comprendere il motivo per cui questo numero uscì dalla bocca del Signore Gesù; credono che abbia un’implicazione più profonda. In realtà, fu soltanto un’espressione di Dio nell’umanità. L’eventuale implicazione o significato deve essere considerato insieme alle prescrizioni del Signore Gesù per l’umanità. Quando Dio non Si era ancora fatto carne, le persone non capivano molto di ciò che diceva perché le Sue parole venivano dalla totale divinità. La prospettiva e il contesto di ciò che diceva erano invisibili e irraggiungibili per l’umanità; erano espressi da una dimensione spirituale che le persone non potevano vedere. Per gli uomini che vivevano nella carne, essi non potevano passare attraverso tale dimensione. Dopo esserSi fatto carne, tuttavia, Dio parlò all’umanità dalla prospettiva umana, uscendo dall’ambito della dimensione spirituale e oltrepassandolo. Poté esprimere la Sua indole, la Sua volontà e il Suo atteggiamento divini attraverso cose che gli uomini riuscivano a immaginare e che vedevano e incontravano nella vita, e usando metodi che essi potevano accettare, in un linguaggio che erano in grado di intendere, con conoscenze che potevano comprendere, per permettere loro di capire e di conoscere Dio, di intuire la Sua intenzione, e i criteri da Lui imposti, nell’ambito della loro capacità, nei limiti delle loro possibilità. Questi furono il metodo e il principio della Sua opera nell’umanità. Sebbene i modi e i principi secondo cui Egli operò nella carne siano stati perlopiù raggiunti tramite o grazie all’umanità, ottennero risultati che non si sarebbero potuti conseguire operando direttamente nella divinità. La Sua opera nell’umanità era più concreta, più autentica e più mirata, e i metodi erano molto più flessibili, e nella forma superarono quelli dell’Età della Legge.

Ora parliamo di come amare il Signore e di come amare il tuo prossimo come te stesso. Si tratta di qualcosa che viene espresso direttamente nella divinità? Chiaramente no! Queste furono tutte cose che il Figlio dell’uomo disse nell’umanità; soltanto le persone avrebbero detto una frase come: “Ama il prossimo tuo come te stesso. Amare gli altri è come avere gran cura della propria vita”, e soltanto loro avrebbero parlato in questo modo. Dio non ha mai parlato così. Quantomeno, Dio non ha questo tipo di linguaggio nella Sua divinità perché non ha bisogno di questo genere di principi – “Ama il prossimo tuo come te stesso” – per regolamentare il Suo amore per l’umanità, dato che quest’ultimo è una rivelazione spontanea di ciò che Egli ha ed è. Quando mai avete sentito Dio dire una frase come: “Io amo l’umanità come Me Stesso”? Perché l’amore è nella Sua essenza e in ciò che Egli ha ed è. L’amore di Dio per gli uomini, il modo in cui Egli li tratta e il Suo atteggiamento sono un’espressione e una rivelazione naturali della Sua indole. Egli non ha bisogno di farlo deliberatamente in un certo modo né di seguire volutamente un certo metodo o codice morale per riuscire ad amare il Suo prossimo come Sé Stesso. Possiede già questo tipo di essenza. Che cosa vedi in tutto questo? Quando Egli operò nell’umanità, molti dei Suoi metodi, delle Sue parole e delle Sue verità furono espressi in modo umano. Allo stesso tempo, tuttavia, la Sua indole, ciò che Egli ha ed è e la Sua volontà furono espressi affinché le persone li conoscessero e li comprendessero. Quello che gli uomini conobbero e compresero fu esattamente la Sua essenza e ciò che Egli ha ed è, cose che rappresentano l’identità intrinseca e la condizione di Dio Stesso. Vale a dire che il Figlio dell’uomo fattoSi carne espresse l’indole intrinseca e l’essenza di Dio Stesso nel modo più ampio e più accurato possibile. Non solo, l’umanità del Figlio dell’uomo non fu un ostacolo o una barriera alla comunicazione e all’interazione dell’essere umano con il Dio nei cieli, ma in realtà fu l’unico canale e ponte che collegò gli esseri umani e il Signore del creato. A questo punto, non credete che ci siano molte somiglianze tra la natura e i metodi dell’opera svolta dal Signore Gesù nell’Età della Grazia e l’attuale fase dell’opera? Anche quest’ultima usa molti elementi del linguaggio umano per esprimere l’indole di Dio, e utilizza spesso il linguaggio e i metodi della vita quotidiana e della conoscenza degli uomini per esprimere la Sua volontà. Una volta che Dio Si fa carne, a prescindere che parli da una prospettiva umana o divina, buona parte del Suo linguaggio e dei Suoi metodi d’espressione passa attraverso il linguaggio e i metodi umani. In altre parole, l’incarnazione di Dio è la tua migliore opportunità per vedere la Sua onnipotenza e saggezza e per conoscere ogni Suo aspetto reale. Quando Egli Si fece carne, mentre cresceva, arrivò a comprendere, a imparare e a capire una parte della conoscenza, del buonsenso, del linguaggio e dei metodi d’espressione nell’umanità. Dio incarnato possedeva queste cose, provenienti dagli esseri umani che Egli aveva creato. Esse divennero strumenti di Dio incarnato per esprimere la Propria indole e divinità, e Gli consentirono di rendere la Sua opera più pertinente, più autentica e più accurata quando operava tra gli uomini, da una prospettiva e con un linguaggio umani. La rese più accessibile e più facilmente comprensibile per le persone, ottenendo così i risultati che Dio voleva. Non è più pratico per Lui operare in questo modo nella carne? Non è segno della Sua saggezza? Il momento in cui Dio Si incarnò, in cui la Sua carne riuscì a intraprendere l’opera che Egli voleva compiere, coincide con quello in cui espresse praticamente la Sua indole e la Sua opera, e anche quello in cui poté iniziare ufficialmente il Suo ministero come Figlio dell’uomo. Ciò significava che non c’era più un abisso tra Dio e l’uomo, che Egli avrebbe ben presto interrotto la Sua opera di comunicazione attraverso messaggeri, e che Dio Stesso poteva esprimere personalmente tutte le parole e tutta l’opera che voleva nella carne. Significava anche che le persone salvate da Dio erano più vicine a Lui, che la Sua opera di gestione era entrata in un nuovo territorio e che tutta l’umanità stava per affrontare una nuova era.

Chiunque abbia letto la Bibbia sa che quando nacque il Signore Gesù accaddero molte cose. La più grande fu che il re dei diavoli Gli diede la caccia, al punto di far trucidare tutti i bambini dai due anni in giù residenti in quella zona. È evidente che, facendoSi carne tra gli uomini, Dio corse un grosso rischio; è evidente anche l’alto prezzo che pagò per completare la Sua gestione della salvezza dell’umanità. Altrettanto evidenti sono le grandi speranze che ripose nella Sua opera tra gli uomini quando Si incarnò. Quando la Sua carne fu in grado di intraprenderla, come Si sentì Dio? Le persone dovrebbero essere capaci di intuire parte delle Sue sensazioni, giusto? Come minimo, Dio era felice perché poté iniziare a sviluppare la Sua nuova opera tra l’umanità. Quando il Signore Gesù fu battezzato e cominciò ufficialmente l’opera per adempiere al Suo ministero, il cuore di Dio fu pervaso dalla gioia perché, dopo così tanti anni di attesa e di preparazione, poté finalmente vestirsi della carne di un uomo medio e iniziare la Sua nuova opera sotto forma di un essere umano in carne e ossa che le persone potevano vedere e toccare. Finalmente poté parlare faccia a faccia e cuore a cuore con le persone attraverso l’identità di un uomo, e affrontare l’umanità con il linguaggio umano, in modo umano; poteva provvedere agli uomini, illuminarli e aiutarli usando il linguaggio umano; poteva mangiare alla loro stessa tavola e vivere nel loro stesso spazio. Poteva anche vedere gli esseri umani e ogni cosa nel modo in cui li vedevano gli uomini, persino attraverso i loro occhi. Per il Dio incarnato, questa fu già la prima vittoria della Sua opera. Si potrebbe anche dire che fu l’esito di una grande opera. Naturalmente, questa fu la cosa che Lo rese più felice. Per la prima volta, Egli provò una sorta di conforto nella Sua opera tra l’umanità. Tutti questi eventi erano molto pratici e naturali, e il conforto provato da Dio era davvero autentico. Per gli uomini, ogni volta che si compie una nuova fase dell’opera di Dio, e ogni volta che Egli Si sente gratificato, gli uomini possono avvicinarsi a Lui e alla salvezza. Per Dio, questo è anche l’avvio della Sua nuova opera, il momento in cui il Suo piano di gestione fa un passo avanti e, inoltre, in cui la Sua volontà si avvicina alla realizzazione completa. Per gli uomini, l’arrivo di una simile opportunità è propizio e molto positivo; per tutti coloro che aspettano la salvezza di Dio, è una notizia di estrema importanza. Quando Dio svolge una nuova fase dell’opera, ha a disposizione un nuovo inizio, e il momento in cui questa nuova opera e questo nuovo inizio vengono avviati e introdotti tra gli uomini coincide con quello in cui l’esito è stato già determinato e conseguito, e Dio ha già visto i suoi effetti e frutti finali. Coincide anche con il momento in cui questi effetti Lo fanno sentire soddisfatto e, naturalmente, il Suo cuore è felice. Poiché, agli occhi di Dio, Egli ha già visto e selezionato le persone che sta cercando, e ha già guadagnato questo gruppo – un gruppo capace di rendere efficace la Sua opera e di darGli soddisfazione –, Si sente rassicurato, mette da parte le preoccupazioni ed è felice. In altre parole, quando Dio incarnato è in grado di intraprendere una nuova opera tra gli uomini e comincia a svolgere l’opera che deve compiere senza impedimenti, e quando ritiene che ogni cosa sia stata portata a termine, ha già visto la fine. Così è soddisfatto e ha un cuore felice. Come si esprime la felicità di Dio? Riuscite a immaginarlo? Dio piangerebbe? Sa piangere? Sa battere le mani? Oppure ballare o cantare? Quale canzone intonerebbe? Naturalmente potrebbe cantare una canzone bellissima e toccante, capace di esprimere la gioia e la felicità nel Suo cuore. Potrebbe cantarla per gli uomini, per Sé Stesso e per tutte le cose. La Sua felicità si può esprimere in qualunque modo; tutto ciò è normale perché Dio prova gioie e dolori, e i Suoi sentimenti si possono esprimere in diversi modi. Questo è un Suo diritto e la cosa più normale. Non dovreste pensare nient’altro al riguardo né proiettare le vostre inibizioni su Dio, dicendoGli che non deve fare questa o quella cosa, che non deve agire in questo o in quel modo, per limitare la Sua felicità o qualunque sentimento Egli provi. Nel cuore delle persone, Dio non può essere felice, non può versare lacrime, non può piangere; non può esprimere alcuna emozione. Attraverso ciò che abbiamo comunicato in queste due occasioni, credo che non vedrete più Dio in questo modo, bensì Gli consentirete di avere un po’ di libertà e di sollievo. Questa è una cosa molto buona. In futuro, se sarete in grado di percepire davvero la tristezza di Dio quando sentirete dire che Lui è triste, e la Sua felicità quando sentirete dire che è felice – come minimo riuscirete a sapere e a capire chiaramente cosa Lo renda felice e cosa triste –, quando ti sentirai triste perché Dio è triste, e felice perché Lui è felice, Egli avrà guadagnato totalmente il tuo cuore e non ci saranno più barriere tra te e Lui. Non proverai più a confinare Dio nei limiti dell’immaginazione, delle concezioni e della conoscenza umana. In quel momento, Egli sarà vivo e vivido nel tuo cuore. Sarà il Dio della tua vita e il Padrone del tuo tutto. Hai questo tipo di aspirazione? Confidate nel fatto di poter raggiungere questo obiettivo?

da La Parola appare nella carne

Fonte: La Chiesa di Dio Onnipotente

Il Vangelo di oggi “L’opera di Dio, l’indole di Dio, e Dio Stesso III” Parte 3ultima modifica: 2019-05-29T12:40:15+02:00da cartina888
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